
Tanti anni di vita vissuta all’interno di un reparto di maternità, non sono riusciti a spiegarmi un arcano.
Perché i bimbi nei primi giorni di vita, sia che vengano portati in camera della mamma, sia che trascorrano ore nel Nido, rimangono tranquilli e piangono solo se hanno fame, se il pannolino è sporco o se hanno qualche problemino mentre, invece, tornati a casa, ci si trova alle prese con un neonato che piange sempre e sembra non smetterla più?
Tante mamme mi hanno fatto questa domanda e, sinceramente, non ho saputo dare una spiegazione convincente.
In realtà, si può ipotizzare una risposta: occorre immedesimarsi nel subconscio del neonato.
Il bambino, alla nascita, subisce un trauma. Dopo avere trascorso nove mesi in perfetta simbiosi con la mamma, avvolto e cullato dal tepore del liquido amniotico, confortato dal suono ritmico del battito cardiaco della mamma, si trova, improvvisamente, scaraventato in un mondo dove luci, suoni, temperatura gli sono del tutto estranei. Questi elementi nuovi lo terrorizzano.
Ecco perché il contatto con la pelle della mamma deve essere immediato. Anche se ancora non è stato tagliato il cordone ombelicale, anche se ancora non è stata espulsa la placenta, il neonato deve essere posto tra le braccia della mamma, possibilmente nudi, pelle contro pelle.
Dopo questo primo contatto che lo rassicura e lo calma, viene necessariamente allontanato per le opportune cure del caso, per la visita del pediatra, per il bagnetto.
L’allontanamento dalla mamma è il primo passo difficile che compie: per affrontarlo, a volte, il neonato piange mentre, a volte, rimane in silenzio. In realtà, anche se non lo manifesta, si sta adattando a una nuova condizione che non lo rende del tutto sereno e tranquillo.
Il pianto è l’unica maniera con cui un neonato riesce a comunicare. E, generalmente, il suo bisogno primario è il contatto con la mamma.
Pianto serale del neonato: perché?
Molte mamme raccontano che verso la sesta settimana di vita, e, di solito, nel tardo pomeriggio fino a tarda sera, il pianto del bambino aumenta e, spesso, non vi è modo di farlo smettere.
La condizione per cui i neonati sono nervosi di sera viene scientificamente denominata disritmia serale ed è una situazione comune a moltissimi bambini.
Sembra un pianto inconsolabile, si ha l’impressione che il piccolo cerchi disperatamente il seno materno o il biberon, facendo sprofondare le mamme nel timore che il loro latte non sia sufficiente o non sia abbastanza nutriente, poiché, anche dopo aver succhiato avidamente, il bambino riprende a piangere lanciando urla acute.
In realtà, sebbene la spiegazione più immediata sia che vi possano essere problemi di digestione, non è tanto il mal di pancia a provocare il pianto improvviso del neonato, quanto una “regolazione interna”, un meccanismo con cui inizia ad adattarsi al nuovo ritmo sonno/veglia.
Alcuni pediatri sostengono che, così come la mamma, anche il bambino, a fine giornata, è emotivamente provato e cerca di scaricarsi da tutte le ansie e le paure che ha provato durante il giorno. In pratica, reagisce piangendo perché il pianto è l’unica risorsa che ha per comunicare il suo disagio.
Quindi, non vi è una reale spiegazione scientifica ma voglio rassicurare le mamme dicendo loro che questo periodo dura poco.
Pianto del neonato: come interpretarlo?
Il neonato può piangere per vari motivi, e li analizzeremo tutti, ma il motivo principale è la paura dell’abbandono.
A sostegno di questa tesi, c’è la dimostrazione che, non appena la mamma lo prende in braccio, il più delle volte, il pianto cessa.
Tutti i neonati piangono: come abbiamo detto, è l’unico modo che hanno per comunicare con i genitori e con chi li accudisce.
Molto presto, il piccolo impara che con il suo pianto richiama l’attenzione della mamma o del papà. Se i suoi bisogni vengono capiti e soddisfatti, questo gli dà fiducia in se stesso, e lo aiuta nel percorso della crescita.
Quali sono i motivi per cui un neonato piange? E come riconoscere questi motivi? E quando, invece, un neonato piange senza motivo?
1. Il primo e più ovvio motivo, è che piange perché ha fame.
Il pianto da fame si riconosce facilmente. Il piccolo si succhia il ditino, la manica della tutina, gira la testa da una parte e dall’altra, alla ricerca del seno materno, apre la bocca se viene stimolato su una guancia.
Il neonato, nei primi tempi, non ha ancora la forza per succhiare a lungo. Dopo un poco si stanca. Ecco perché un neonato piange anche dopo una poppata ed è necessario alimentarlo ogni due, tre ore. La tendenza di oggi è di attaccare il neonato al seno “a richiesta”. Il che vuol dire che non ci si deve attenere a orari stabiliti, almeno fino a che il bambino cresce. Arriverà, ben presto, il momento in cui il neonato sarà in grado di autoregolarsi e la quantità di latte che riuscirà a succhiare sarà sufficiente a soddisfarlo per tempi più lunghi.
Se il neonato piange e non vuole mangiare i motivi del suo pianto potrebbero essere altri. Scopriamoli insieme.
2. Il secondo motivo è dovuto al disagio di sentirsi bagnato o sporco.
L’urina e le feci del neonato, se lasciate troppo a contatto con la pelle delicata, provocano arrossamento e irritazione. Buona norma è cambiarlo prima della poppata, di modo che possa succhiare tranquillamente e eviti di piangere al seno.
Il pianto da pannolino bagnato è riconoscibile perché è un pianto lamentoso.
Il neonato, nella sua vita intrauterina, non era abituato a essere costretto in pannolini, tutine, body…se poi, a questo si aggiunge il disagio di sentirsi bagnato è normale che cerchi di comunicare questo stato di disagio alla mamma.
Un consiglio? Se il neonato è in un ambiente protetto da correnti, se non fa troppo freddo, prendete l’abitudine ogni tanto di lasciarlo libero dal pannolino. Questo non solo lo farà sentire immediatamente meglio, ma aiuterà anche a guarire da eventuali arrossamenti della cute.
3. Il terzo motivo può essere dovuto all’esposizione a stimoli sensoriali troppo forti.
Una porta che sbatte all’improvviso, il suono lacerante di un’ambulanza, un qualsiasi rumore troppo forte e che insorge all’improvviso, una luce accecante, un odore penetrante e fastidioso. Tutti questi stimoli lo turbano e lo innervosiscono.
In questo caso, il piccolo alterna il pianto disperato con le urla, a volte frigna come un cagnolino che guaisce.
Il solo modo per calmarlo consiste nell’eliminare le fonti di questo disturbo.
Spostatelo in un’altra stanza, dove i rumori sono più attutiti, abbassate le luci, evitate di mettervi profumo, di fumare in casa, di fare filtrare gli odori nella stanza dove riposa il bambino.
4. Il quarto motivo è riconducibile al semplice fatto che il neonato ha sonno.
La mamma impiega pochissimo tempo per riconoscere il pianto da stanchezza. Il piccolo si sfrega gli occhi, il pianto è continuo, ma non è accompagnato da strilli.
In questo caso, aiutatelo ad addormentarsi. Cantategli una ninna nanna, mettete una musica soft, magari la stessa che ascoltavate quando eravate incinta. Lui la riconoscerà. Se il tempo lo consente, uscite a passeggio con lui. La passeggiata in carrozzina è un ottimo metodo per farlo addormentare.
5. Il quinto motivo è perché vuole essere preso in braccio.
Non sottovalutiamo questo motivo. Il neonato ha bisogno del contatto continuo con la mamma. Avete notato come i bambini occidentali piangono di più di quelli appartenenti ad altre culture? Il motivo è semplice. Negli altri continenti, in particolare in Africa o in Asia, le madri non si separano mai dal loro bambino. Anche se sono costrette a un duro lavoro, o a lunghi spostamenti, il neonato è sempre con la mamma, legato da un marsupio sulla schiena o da semplici fasce che gli impediscono di cadere.
Un altro motivo molto banale per cui il piccolo ha necessità di essere preso in braccio, è perché deve fare il ruttino, ha aria nel pancino che ha ingoiato insieme al latte.
6. E veniamo, a questo proposito, al sesto motivo. Le cosiddette coliche gassose.
Queste insorgono, generalmente, intorno al secondo mese di vita. Il neonato ingurgita il latte più voracemente, e insieme al latte, ingoia aria.
Il pianto colitico non è suscettibile di essere curato farmacologicamente.
Lo si riconosce facilmente perché il piccolo tende a tirare le gambette verso l’addome, diventa rosso in faccia, piange disperatamente.
Il neonato ha semplicemente bisogno del contatto con la mamma. Prenderlo in braccio, tenerlo dritto contro il corpo della mamma, battergli dolcemente sulla schiena, massaggiargli il pancino, camminare con lui in braccio. Anche se ha mangiato da poco, il contatto con il seno materno lo tranquillizza. Di solito queste colichette spariscono dopo il quarto mese.
7. Un altro motivo per cui il neonato piange, il settimo motivo, è dovuto al fatto che il neonato ha freddo o caldo.
Il neonato soffre molto più il caldo del freddo. Lo stare sempre nella stessa posizione, in quanto non è ancora in grado di girarsi da solo, un eccesso di vestiti o di copertine, lo portano ad essere insofferente.
Una raccomandazione alle mamme. Non ingolfate il neonato di magliette e maglioncini, non copritelo troppo.
Se la stagione lo consente, tenetelo il più spogliato possibile. In estate, per esempio, è sufficiente una camicina di cotone senza maniche e il pannolino. Evitate le scarpette tanto carine che vi hanno regalato, evitate di coprirlo. Un lenzuolino di cotone sarà più che sufficiente a proteggerlo da eventuali colpi di freddo.
8. E veniamo all’ottavo e ultimo motivo per cui il neonato piange.
È il più importante ed è quello che, se ben gestito, contribuirà a fare del vostro cucciolo un bimbo sereno e appagato.
Il neonato piange per il distacco dalla mamma e per la paura dell’abbandono.
Di solito, è quello che capita quando un neonato si sveglia piangendo disperato. È un pianto improvviso e forte. Il bimbo sente che gli manca una parte di sé. Quella a cui era stato abituato nei nove, lunghi mesi di gestazione, quando era una sola cosa con la sua mamma.
In questi casi non aspettate. Prendetelo subito in braccio, stringetelo al petto, coccolatelo con parole dolci e rassicuranti. Fate in modo che ascolti la vostra voce e il battito del vostro cuore. Lui li riconoscerà.
Come gestire un neonato che piange: consigli per i genitori
Lo so, non sempre è facile. E i genitori alla prima esperienza possono avvilirsi e scoraggiarsi perché i tipi di pianto di un neonato sono tanti e non è sempre facile riconoscerli.
Non disperate. Esiste quello che comunemente è chiamato “istinto materno”. Tutte le mamme lo possiedono.
Ma occorre un pochino di tempo affinché questo possa svilupparsi.
Giorno dopo giorno, man mano che questo piccolo sconosciuto che, fino a poco tempo prima, era parte integrante della mamma, diventa non più un figlio sognato, immaginato, ma una realtà. Un piccolo essere che si affida completamente, con fiducia, che ci guarda con i suoi occhioni spalancati, che odora di latte e di pulito, che cerca non solo il seno per nutrirsi, ma anche solo il contatto con la mamma per sentirsi al sicuro, per ritrovare quella perfetta sintonia che ha conosciuto nell’utero. Ecco che, piano piano, la mamma sentirà nascere in lei quell’istinto che la porterà a comprendere se il bimbo piange per fame, perché è bagnato, perché ha sonno…
S’impara poco alla volta a diventare genitori.
Si compiono degli errori, è normale, ma se questi non lo danneggiano, per il neonato è uno stimolo a compiere progressi per farsi capire, e in fondo, quanto è bello sbagliare insieme!
Non bisogna mai escludere il papà da questo intreccio amoroso. La triade mamma, papà, neonato, è fondamentale per una crescita serena del bambino che sarà.
Accettate anche l’aiuto degli altri, che sia una nonna, una sorella, un’amica, una brava baby sitter.
La mamma e il papà, per potere dare il meglio al loro cucciolo, non devono dimenticare che esiste anche la “loro” vita. Che, come tutti gli esseri umani, hanno bisogno di riposo, di dormire. Non bisogna annullarsi per un figlio, ma è importante dargli le cure migliori e più affettuose senza dimenticarsi che, per poterlo fare, è necessario avere forza ed energia. Si rischia, altrimenti, di diventare stanchi, irritabili, nervosi. E, infine, si rischia di cadere in depressione.
Non si è cattivi genitori se si accetta l’aiuto degli altri.
Inoltre, anche se una mamma vuole occuparsi a tempo pieno del suo bambino, e non demandare ad altri questo compito, può sempre farsi aiutare nel disbrigo delle faccende domestiche, in modo da approfittare dei momenti in cui il piccolo dorme per riposare, senza doversi preoccupare della spesa, della cucina e di quant’altro.
La mamma esausta, che non dorme per almeno qualche ora per notte, non riesce a essere serena e a rassicurare. Il bambino percepirà lo stato di stress della mamma e si agiterà a sua volta.
Man mano che il bambino crescerà, le crisi di pianto tenderanno a diminuire. Questo avviene perché, con la crescita, il bambino verrà attratto da tutto ciò che per lui è nuovo. Ogni giorno gli porterà una nuova scoperta che lo aiuterà a distrarsi, a imparare, a relazionarsi con il mondo che lo circonda.
Dopo i primi mesi, il modo di comunicare del bambino si modifica. Il pianto diminuisce, ma aumentano gli strilli. È sempre un modo per richiamare l’attenzione dei genitori, ma le forme di comunicazione variano. Strilli, sorrisi, balbettii… il bambino cerca in tutti i modi di farsi capire. Se, in questa fase, il piccolo continua a piangere disperato è un segnale che qualcosa lo turba o lo spaventa o che abbia realmente un problemino.
Ecco. Abbiamo spiegato in breve, gli otto principali motivi per cui un neonato piange. E abbiamo cercato di darvi qualche consiglio su come gestire i vari tipi di pianto.
Ma tutte queste parole, servono soprattutto a farvi comprendere che tutti i neonati piangono. Che il pianto è il suo modo di comunicare con voi. Che cercano di farsi capire nell’unico modo che hanno a disposizione: il pianto.
E che, infine, la medicina più efficace è l’istinto della mamma, il suo modo di approcciarsi a questa nuova vita, senza rinunciare alla sua di vita, ma cercando di non interrompere la simbiosi che si era creata tra lei e il suo bambino quando era ancora nell’utero.
Il neonato che non subisce il distacco dalla mamma sarà un bambino sereno che svilupperà più precocemente la propria autonomia.
Non c’è mamma che non rimpianga il periodo in cui il piccolo dipendeva in tutto e per tutto da lei.
Presto, troppo presto, arriverà il momento in cui il bambino si staccherà autonomamente dalla mamma per spiccare il volo verso la sua vita, per diventare un individuo unico e inimitabile e che avrà spezzato quel cordone ombelicale che idealmente lo ha tenuto legato alla sua mamma fino a quando ne ha avuto bisogno.